venerdì 2 dicembre 2016

Person of Interest 1x04 Triggerman - La Recensione



Episodio che non lascia nulla e non aggiunge nulla ne alla serie ne ai personaggi. Un episodio di un qualsiasi procedurale, che può starci, ma io ormai mi aspetto molto da Person of Interest, anche quando mette in scena il singolo episodio verticale.

L’ennesima riproposizione del dramma shakespeariano di Romeo e Giulietta – o se vogliamo de La Bella e la Bestia – ambientata in quelli di New York e con protagonisti una giovane e affascinante cameriera, e un sicario spietato della mafia irlandese, che nell’appena citata cameriera vede una nuova ragione di vita. 
A salvare l’episodio dall’insufficienza è il ritorno di Elias – che avevamo lasciato vari episodi prima del season finale della stagione passata – che è ancora ospite del carcere di Rikers, ma sembra non aver perso ne smalto ne potere. E il ritorno del nostro boss preferito, rappresenta anche il principio di una strana, ma oltremodo affascinante, interazione, tra lui e il nostro Harold. E le partite a scacchi – che sono il prezzo richiesto da Elias, per l’aiuto offerto ai nostri per risolvere il caso – faranno da sfondo a quelle che si prospettano essere conversazioni e confronti veramente interessanti, tra due personaggi che seppur opposti nei modi e nei pensieri mostrano anche molte similitudini.

Però, la cosa peggiore è che quanto visto qui, va a sporcare il meraviglioso contrappunto che caratterizza l’episodio 2x02 Bad Code. Perché Harold, che definisce inizialmente l’assassino – che John sta cercando di proteggerebad code, cioè usa le stesse parole utilizzate da Root per definire l’intero genere umano, per poi correggersi sul finale, dicendo che le persone al contrario delle macchine possono cambiare, possono evolvere, rappresenta una ridondanza inutile, un didascalismo superfluo, che inevitabilmente, come ho detto, sporca e minimizza la meravigliosa contrapposizione vista appunto nell’episodio Bad Code. Perché, che Root si sbagliasse e che non tutte le persone sono bad code, e possono cambiare, migliorarsi e fare del bene, era stato sottolineato – con forza poetica direi – proprio dalle parole che lo stesso Harold dice a Root quando finalmente John riesce a rintracciarli: “lui è l’esempio che ti sbagli”. E per questo quindi possiamo dire che, il messaggio o spunto che l’episodio trasmette alla fine, è solo un allungamento del brodo, una ripetizione, molto meno elegante, di quanto già espresso nell’episodio passato.

E sta cominciando ad infastidirmi il modo in cui gli autori stanno utilizzando Fusco. Dal primo episodio di questa seconda stagione sono tornati a trattarlo come agli esordi della serie, rilegandolo alla parte di semplice spalla comica, facendo un brutto passo indietro rispetto al crescendo che il personaggio ha avuto durante le fasi finali della passata stagione. Mentre sembrano decisi ad investire ancor di più sul personaggio della detective Carter. Personalmente lo ritengo un investimento narrativo non tanto azzeccato, ma soprattutto non tanto coraggioso, perché il personaggio, seppur interpretato dalla brava Taraji P. Henson, tende ad una caratterizzazione bidimensionale e fatta spesso di tanti cliché, che l’omologano alla fitta schiera dei personaggi visti e rivisti. Invece in Fusco vedo molto più potenziale, e soprattutto vedo il proseguimento dello stesso percorso di redenzione intrapreso da Harold e John.

 
VERDETTO

Come ho detto all’inizio di questa recensione, un episodio che non aggiunge nulla ne alla storia ne ai personaggi, che ci può stare nell’economia della serie, però personalmente mi aspetto che Person of Interest faccia di meglio, imprimendo carattere e personalità anche agli episodi che si basano completamente sulla narrazione verticale.

voto 6

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