mercoledì 2 novembre 2016

Berlin Station 1x03 Riverrun Dry - La Recensione



Terzo episodio dal ritmo incalzante, che non solo porta avanti la storia, ma continua un ottimo lavoro di caratterizzazione dei personaggi.

Direi che dei tre visti fino ad ora questo è l’episodio migliore. Cinquanta e passa minuti che scorrono velocemente, e quando arriva il finale se ne vuole ancora e subito. Merito del ritmo narrativo molto più spedito, che a tratti supportato da una regia più dinamica diventa incalzante, e porta avanti senza indugio le varie trame e sottotrame che animano questa storia. E mentre la storia evolve si continuano a caratterizzare i personaggi, ne vengono dipinte le sfumature delle personalità, vengono fuori le paure, le ansie e le preoccupazioni, e soprattutto viene fuori quanto il lavoro che svolgono pesi sulle loro vite. Ma a rendere i personaggi di questa serie riusciti è soprattutto il realismo con il quale vengono rappresentati,non ci sono super eroi o agenti invincibili, ma persone normali con dubbi, paure, ambizioni e vizi. E a rendere  credibili i personaggi di Berlin Station contribuisce non poco anche la scelta del cast: gli attori, oltre che bravi, sono esteticamente azzeccati.

La serie si conferma molto corale, ogni personaggio ha una sua storia da raccontare e portare avanti, e ad ognuno di loro si sta concedendo lo spazio necessario per poter emergere. Dopo  Daniel Miller (Richard Armitage) e Hector DeJean/Thomas Shaw (Rhys Ifans), c’è il focus su Steven Frost (Richard Jenkins) il capo in comando alla Station di Berlino. Questo episodio si apre proprio con un sogno opprimente di Frost, che rispecchia in pieno il suo stato d’animo: si sente sopraffatto e messo all’angolo dagli eventi, e su di lui rischia da un momento all’altro di calare la scure di Thomas Shaw, facendogli fare la stessa fine toccata a molti suo colleghi e superiori. Ma nonostante tutto, è anche un uomo ambizioso e devoto (si direbbe) alla casa, che però non disdegna di mettere da parte qualcosa per la pensione, mentre serve il suo paese. E cosi,  costruendo scene bene mirate, ed evitando l’inutile didascalismo, comincia a prendere forma l’affascinante caratterizzazione di un personaggio sfaccettato e ambiguo. Come affascinanti sono, anche se per ora solo abbozzati, i personaggi di Valerie (Michelle Forbes) e Robert (Leland Orser)

E allo stesso modo, senza esser didascalica e ridondante, la storia si evolve, dipanandosi in un modo meravigliosamente intricato su più fronti. Ma nonostante la complessità, la narrazione non risulta mai macchino o tanto meno difficile da seguire, ma solo intrigante.  E il tutto poi è reso oltremodo affascinante dall’atmosfera generale di incertezza, dove ogni personaggio è ambiguo e nulla è come appare. Dentro al mistero c’è un altro mistero, dietro ogni azione sempre un secondo fine, e Thomas Shaw non rappresenta un problema solo per gli Stati Uniti e la CIA, ma anche per i singoli personaggi, i quali rischiano di vedere i loro segreti, alle volte sporchi, sbandierati. E a quest’atmosfera di incertezza e di pericolo costante, si aggiungo i doppi giochi interni all’agenzia, e le operazioni portate avanti contro i terroristi, e anche queste si evolvono su un terreno instabile, con informatori e risorse inaffidabili che tengono il piede in due staffe. Insomma, la storia raccontata da Berlin Station è la quinta essenza dalla spy story: non ci si può fidare di nessuno, e ed è impossibile stabilire quali siano le reali intenzioni delle parti in gioco.

Sono solo tre episodi fino ad ora, ma si può già esprimere un cauto ottimismo. La serie procede spedita, e diventato sempre più interessante di episodio in episodio, e in quest’ultimo ho particolarmente apprezzato la tecnica registica, che ha offerto alcune sequenze veramente interessanti. E soprattutto mi sono piaciute le scene iniziali e finali. All’inizio, come ho detto, abbiamo un sogno opprimente di Steven Frost che rispecchia a pieno il suo stato d’animo, oltre ad essere anche vagamente profetico. Alla fine l’episodio si chiude sempre con Steven Frost, ma con una sequenza dal grande impatto scenico, che è la perfetta rappresentazione non solo dell’atmosfera che caratterizza Berlin Station, ma anche dello stato d’animo di ogni singolo personaggio.

VERDETTO

Voto più che positivo, per questo episodio che non si limita a mantenere costante la qualità, ma cerca – riuscendoci – di alzarla. La storia si fa sempre più complessa e più affascinante, e le carte in tavola vengono rimescolate di continuo rendendo precaria la posizione di ogni singolo personaggio.

voto 8+

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