Una serie che ho
cominciato con poche pretese, ma che pur non raggiungendo livelli di
eccellenza, anzi spesso e volentieri sconfina nella mediocrità, nel complesso
riesce a intrattenere bene, raccontando una storia che nelle battute finali
evolve in un modo che non ci aspetta, creando tanto interesse e tanta curiosità
per il prosieguo.
La serie è molto
godibile, ma mostra difetti e problemi molto evidenti, su tutti il cast: il
livello attoriale generale è veramente basso, e raggiunge punti imbarazzanti con
le interpretazioni di Jason Ralph (Quentin
Coldwater, il protagonista) e Arjun
Gupta (Penny), con il primo che dimostra chiaramente la sua incapacità
nel recitare e nel caratterizzare il proprio personaggio, il secondo invece
sembra avere l’interruttore fisso su modalità tamarro imbronciato, e spesso parla tramite mugugni. Non brilla
neppure Olivia Taylor Dudley (Alice), che per quanto carina l’attrice ogni
volta che parla sembra sull’orlo di una crisi di nervi o che stia per mettersi
ad urlare, ma come dicevo in generale non brilla nessun attore, eccezion fatta
per Esmé Bianco che porta con dignità
a casa la parte. Un altro punto dolente, molto dolente, è la narrazione: non ha
un ritmo, passa da non succede ‘na mazza a succede di tutto e di più,
e i personaggi sembrano essere presi e sbattuti a forza dentro gli eventi, e
inevitabilmente alla fine molte cose sembrano forzate o senza senso.
La cosa che però più
di ogni altra ho trovato deludente e fatta male è la caratterizzazione dei
personaggi: superficiale e costruita su luoghi. Mancano quasi tutti completamente
di spessore e complessità, perché caratterizzati unicamente da cliché e
stereotipi narrativi. Quentin banale e scontato nella sua fragilità, nel suo
sentirsi inadatto e sempre e comunque fuori posto. Penny è la caricatura di
un tamarro. Alice scontata nella figura della studentessa geniale ma
inevitabilmente poco popolare. Margo e Elliot pur assicurando brio
e leggerezza alla storia spesso risultano stucchevoli e noiosi nel loro essere
gli stereotipi pompati al massimo degli studenti tutto sesso, droga e
rock’n’roll. Ora, non che mi aspettassi o volessi una caratterizzazione
profonda e complessa come se stessimo parlando di Tony Soprano, perché un tale
lavoro è chiaramente aldilà delle possibilità di questa serie, ma anche inutile
a conti fatti visto il contesto, però un po’ più di impegno era necessario. A
funzionare bene, per quanto anche lei dipinta in modo affrettato e spesso
scontato è Julia: il suo personaggio
riesce a mostrare un minimo di complessità e originalità, e risulta anche
quello più drammatico (e pure più affascinante), attorno al quale ruotano
possibili sviluppi di trama veramente molto interessanti. Altro buon
personaggio dal buono impatto scenico è(era) Janet Chatwin (interpretata da Esmé Bianco) che a conti fatti è quello
che più mi è piaciuto, nonostante sia apparsa con il contagocce. Deludente e
gestito malissimo il personaggio del Decano: apparso come una specie di Albus Silente in giacca e cravatta si è
rivelato completamente impalpabile, e a conti fatti indifferente per
l’evoluzione della storia. Fatti invece con un po’ di impegno le figure degli
antagonisti, e possono portare a evoluzioni e plot twist con inversioni di
ruoli veramente interessanti.
Ma nonostante tutte
queste mancanze la serie è promossa! Perché i personaggi come ho detto non sono
stati costruiti con molta cura, però in qualche misura riescono a compensare
soprattutto dando vita a situazioni esilaranti. Ma più di ogni altra cosa a
convincermi è stata la storia, che all’inizio sembrava lineare e tremendamente
scontata, ma durante il corso degli episodi riesce non solo a biforcarsi ma ad
aggrovigliarsi in modo splendido, regalando sul finale dei grandi plot twist.
All’inizio The Magicians sembrava tanto Harry
Potter va all’università, ma pur mantenendo dei chiari paralleli, la
serie riesce ad acquisire un proprio stile e soprattutto una propria identità,
che non è nulla di nuovo e originali ma nasce da una buona fusione di tante tematiche
mitologiche di varia epoca e natura, con tante tematiche appartenenti a varie
religioni, e alla da questa fusione viene fuori un modo interessante e sopra le
righe di raccontare una storia magica.
Altri elementi che
funzionano e rendono la serie interessante, sono la leggerezza offerta dal
contesto in cui la storia e ambientata, e la tipologia di personaggi, che danno
vita a momenti fatti di gag, battute,
doppi sensi, che rendono esilarante e particolare questa serie. Ma soprattutto,
questo modo in cui la serie si presenta rende completamente inaspettata
l’evoluzione della serie. Non pensavo, visti i primi episodio che The Magicians così leggera – alle volte
trash – e con una storia “poco impegnativa” acquisisse dei torni cupi e dark.
Comunque è stata un gradita sorpresa, perché questo permette alla serie di
acquisire un minimo di spessore e di drammaticità e di generare ansia e
tensione.
VERDETTO
La serie non è un
esempio di buona tecnica e neppure di qualità narrativa, però nel complesso
funziona e soprattutto intriga. I personaggi come ho tetto, sono tecnicamente
costruiti male, ma armonizzati al complesso riescono a portare avanti la storia
e regalano dei momenti veramente esilaranti. Una storia magica ambientata in un
campus universitario, con protagonisti degli studenti non per caso estremizzati
negli stereotipi, regala momenti veramente esilaranti. Sorprendete l’evoluzione
della trama, inizialmente sembra un teen drama ambientato in contesto magico,
ma con il passare degli episodi, tutto diventa più serioso, la storia si tenge
di tonalità scure, e vengono tirate fuori delle situazioni veramente
inaspettate (per nulla originali, ma lo stesso interessanti e sorprendenti) ed
arriva un finale caratterizzato da vari plot twist che riescono ad ingarbugliare
bene la storia, e soprattutto a rinnovare l’interesse per la prossima stagione.
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