Nel complesso la
stagione mi è piaciuta, e ho apprezzato particolarmente gli spunti filosofici e
morali che la storia offre, però nel complesso la serie risulta inferiore ai
soliti standard dei period drama made
in UK.
Ho apprezzato molto la
riproduzione delle ambientazioni: curate e studiate ripropongono ottimamente la
Londra dell’ottocento. Ancor di più ho apprezzato le atmosfere, fumose,
sporche, senza imbellettamenti, si armonizzano perfettamente con la storia,
anch’essa sporca e scura.
Originale – e anche
vincente – il modo in cui è stato reinterpretato il romanzo Frankenstein: or, The Modern Prometheus di Mary Shelly, intrecciando storia,
scienza e fantascienza gotica, per creare una storia interessante e dalle
sfumature molto affascinanti, nella quale la stessa Mary Shelly diventa una dei
protagonisti.
La storia vede come
protagonista l’ispettore John Marlott (interpretato da un ottimo
Sean Ben), che si ritrova ad indagare
sul cadavere di una ragazza ritrovato sulle sponde del fiume Tamigi. Cadavere
che dall’autopsia risulta essere l’esperimento folle di un misterioso chirurgo
che ha costruito rinvenuto assemblando e
cucendo le parti di più bambini, emulando così il dottor Victor Frankenstein della
Shelly.

Ma, ancor più che
svelare il mistero, a rendere interessante la storia narrata in The Frankenstein Chronicles sono i tanti spunti e le tante sfumature
filosofiche, etiche e morali che essa propone. Affascinate è il modo in cui
il progresso veniva visto all’epoca, come un qualcosa di malefico, e considerato
quasi come un’espressione demoniaca. Ancor più affascinanti e interessanti,
sono i dilemmi morali che l’evoluzione sociale e scientifica comportava: su
tutte, la minaccia e il pericolo di posare la prima pietra per la costruzione
di un mondo senza Dio, o ancora peggio di un mondo dove Dio era negato ai più
poveri.
Cosa non convince a
pieno sono i personaggi, che ad eccezion fatta del protagonista non sono bene
caratterizzati. L’ispettore John Marlott, interpretato
ottimamente da Sean Ben, riesce non
solo a portare avanti la storia, ma anche coinvolgere lo spettatore, suscitando
empatia con le tribolazioni che ha passato, anche se, anche nell’approfondire
il suo personaggio alcuni passaggi sono stati fatti in modo superficiale e
affrettato. Ma soprattutto il
personaggio interpretato da Sean Ben ha una caratterizzazione, ha un background
che delineano la sua personalità, invece per quanto riguarda gli altri sono
proprio queste le cose a mancare, e per questo risultano superficiali e mono
dimensionali. E questo è sintomo di un
modo di scrivere i personaggi appartenete al decennio passato, a quando si
punta solo ed esclusivamente sul protagonista utilizzando tutti gli altri come
contorno. Si può solo sperare che nella prossima stagione gli autori
correggano il tiro.
Ma nel complesso come
dicevo questa prima stagione mi è piaciuta, perché nonostante sia palesemente
inferiore sia a livello tecnico sia a livello narrativo allo standard delle
produzioni UK – ma a fare la differenza è la mano della BBC che ormai è maestra
nella produzione dei period drama – rimane
sempre ad un livello ottimo, offrendo una riproduzione estremamente fedele, e
anche molto realista del contesto e della realtà storica, curando quei
particolari che in questo genere di serie fanno la differenza. E anche i
contenuti sono molto interessanti, e senza dubbio tra i pregi di questa serie,
rientra il modo originale in cui è stato
reinterpretata l’opera di Mary Shelly. Il ritmo della narrazione alle volte
esageratamente lento porta a momenti di stasi, caratterizzati da ripetizioni
superficiali e ridondanti, ma riesce sempre a mantenere alto l’interesse, perché,
pur non acquisendo un ritmo incalzante, entra alla perfezione nell’animo del
racconto (cosa che non ha fatto e doveva fare invece con i personaggi)
evidenziandone tutte le sfumature, rendendo la storia solida e complessa allo
stesso tempo, e privandola completamente di qualsiasi buonismo stucchevole. E anche
il modo in cui viene sviluppata la storia, pur utilizzando un’impalcatura
narrativa consolidata e quindi poco originale, riesce a tenere sempre alto il
livello di tensione, rendendo il vero “colpevole”
difficile da individuare. Ma il colpo di
genio arriva alla conclusione, con un finale completamente inaspettato e
sorprendente, che va a cambiare completamente volto e natura alla serie.
VERDETTO
Forse mi aspettavo un
pochino di più, visto la mia esperienza con i period drama sfornati dalla
televisione britannica, ma comunque come ho più volte detto la serie mi è
piaciuta, e questa stagione è promossa. La storia non poteva affascinarmi,
amando a dismisura il genere, ma mi ha convinto e soddisfatto soprattutto con l’inaspettato
finale, che cambia completamente le carte in tavola.
voto 7,5
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