Dirk Gently’s Holistic Detective Agency continua il suo folle e surreale viaggio,
regalandoci un altro episodio fantastico, che ha come unico difetto quello di
durare troppo poco.
Più che sulla trama,
in questo episodio ci si concentra sui personaggi, fornendo loro anche un accenno
di background, e nel farlo la serie manifesta le sue molteplici tematiche, che
danno vita ad un intreccio, affascinante e irresistibile, dove paranormale e fantascienza
vanno a braccetto. E soprattutto Dirk
Gently’s Holistic Detective Agency, in questo quarto episodio, e soprattutto
mediante le indagini di Dirk e Farah Black ribadisce con una forza, che
non ammette repliche, quello che è non solo il leitmotive, ma anche la
colonna portante di tutta la serie: tutto è connesso, e ogni cosa, anche quella
all’apparenza più insignificante o ridicola fa parte del grande piano partorito
dal meccanismo perfetto del motore universale, che non conosce coincidenze e
fatalità. Ed è il motore universale che porta Dirk e Farah Black a casa
di Patrick, proprio nel momento e nel
punto esatto in cui doveva essere.
Viene sottolineata
con decisione, anche la specularità tra Dirk e Burt: l’uno detective olistico, l’altra assassina olistica. Entrambi consapevoli
delle regole che dominano il loro mondo, agiscono e vivono attenendosi solo ed
esclusivamente ad esse. E Burt,
rappresenta se non la, una delle cose più riuscite della serie. Il personaggio,
che è la nemesi perfetta di Dirk, buca
letteralmente lo schermo, merito anche di un’ottima Fiona Dourif nell’interpretarla,
e ha le potenzialità per diventare un personaggio simbolico. E di
sicuro in questi episodio ha offerto alcuni dei momenti migliori della serie,
con scene grottesche, deliranti e impregnate di un umorismo macabro, che sono
l’espressione perfetta di quello che Dirk
Gently’s Holistic Detective Agency è.
E il parallelismo tra Dirk e Burt non si
esaurisce nel loro essere speculari, ma si estende a i loro assistenti: Ken
e Todd.
Entrambi percorrono lo stesso percorso e allo stesso modo. Si ritrovano imbarcati
a forza in questo folle viaggio, senza avere la possibilità di scegliere. Ma se
all’inizio si rifiutano di accettare un sistema surreale, che sfugge ad ogni
logica umana, e cercano in tutti i modi di tirarsene fuori, alla fine – anche
se lontani miglia l’uno dall’altro – prendono consapevolezza del fatto che
quello è il loro percorso, quelli sono i loro ruoli, e che Dirk e Burt sono
chi dicono di essere, e cosi anche loro due, gli assistenti,
abbracciano lo stile, o se vogliamo la religione olistica fondata da Adams.
Mediante gli agenti
della CIA, ritorna anche il passato di Dirk,
che ammantato – almeno nella serie – di mistero, come per le vicende domestiche
di Anna – la sorella di Todd – ha anche il compito di far
poggiare, con la punta di un dito, la serie per terra, conferendogli un tono, o
meglio una sfumatura di drammaticità, che rende la storia e i personaggi reali
quel tanto che basta per potersi immedesimare in loro e
soprattutto poter provare empatia per loro, sopperendo così a quello
che sarebbe potuto essere un problema per la serie, e cioè quello di vivere e
procedere in un modo troppo assurdo e surreale, che per quanto sia affascinante
e attrattivo, rischiava però di lasciare freddi sul lato emotivo.
VERDETTO
La serie, arrivata
ormai a metà stagione, conferma tutte le buoni impressioni suscitate con il pilot,
ed è ragionevole pronosticare che riesca a mantenere questa qualità fino alla
conclusione, anche perché la narrazione concentrata in solo otto episodi,
riduce il rischio di sbandamenti. L’episodio è una meravigliosa amalgama di
situazioni esilaranti, dialoghi grotteschi e surreali, che permetto agli stupendi
personaggi di risplendere, e dare vita a momenti di pura goduria. La
trama, anche se ancora impossibile da decodificare, procede spedita, senza ma
girare a vuoto, anzi, grazie al ritmo incalzante tiene letteralmente incollati
allo schermo.
voto 8,5
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