giovedì 17 novembre 2016

Person of Interest 2x02 Bad Code - La Recesione



Questo episodio è una conferma. È una conferma sulle ambizioni che ha la serie. È una conferma sulla qualità della storia. È una conferma sulla solidità dell’amicizia tra John e Harold.

Il precedente episodio mi era piaciuto, questo mi ha convinta, mettendo in mostra la portata e le ambiizoni della storia. E soprattutto, la serie dimostra l’intenzione di sottolineare l’importanza di tutti i suoi personaggi, perché se in quella precedente, quello incisivo e insostituibile si è dimostrato solamente Harold, in questi due episodi John assume lo spessore e la rilevanza, che gli sono mancati per lunghi tratti nella stagione passata. E il personaggio assume spessore grazie ad una combinazione vincente e pensata di elementi, che hanno portato da un lato a valorizzare il lato umano, e quello più apprezzabile, del personaggio, e dall’altro hanno cementato meravigliosamente l’amicizia tra i nostri due protagonisti. Con John che non solo salva Harold, ma diventa il contrappunto, la smentita alla teoria di Root: John è la dimostrazione che non tutta l’umanità è bad code.

E fin da subito, anche il nostro simpatico detective Fusco viene investito di maggiore importanza, coinvolgendolo in una missione fondamentale allo sviluppo della mitologia, ma nel farlo, il personaggio apporta sempre alla serie quei toni divertenti e leggeri che caratterizzano, in modo vincente, Person of Interest. Chi invece è sembrata male inquadrate nelle vicende è la Carter: fa da partner a John nella ricerca di Root, ma in modo superfluo, senza essere incisiva o determinante in nessun modo, perché chiaramente quello che il nostro Batman in giacca fa, lo avrebbe potuto tranquillamente fare anche senza di lei. E questo forse nasce dal fatto che, la Carter, è legata a filo doppio alle vicende riguardante l’altro filone narrativo, e cioè quello su Elias e la criminalità newyorkese in generale, e male si adatta invece alle vicende legate alla trama di Root e della Macchina.

La narrazione dell’episodio, viene coadiuvata dagli immancabili flashback, che Person of Interst ha dimostrato di saper usare nelle giuste dosi, evitando, almeno fino a questo punto, di appesantire e rendere macchinosa la storia con flashback prolissi che finiscono inevitabilmente per essere ridondanti. E anche se prevedibile, fin dall’inizio, l’epilogo del flashback su Root bambina, perché viene utilizzato un espediente narrativo diventato ormai una specie di marchio di fabbrica della serie, non sminuisce il contribuito che apporta alla storia. Da una parte accompagna in parallelo le indagini di John in Texas, dall’altra delinea il personaggio di Root, indicandone il punto di rottura: la perdita della migliore amica, in un modo triste e macabro, segna il suo modo di vedere il mondo e di considerare le persone, e rappresenta la nascita di questo meraviglioso antagonista, caratterizzato da un’arroganza che è pari solo al suo talento e alla sua intelligenza.

Come in quello precedente, anche in questo episodio, a risplendere sono i confronti tra Harold e Root, che oltre ad evidenziare le possibili evoluzioni della storia, definiscono alla perfezione i due personaggi, che ancor di più rappresentano i due volti della stessa moneta. E se Harold, continua a dimostrarsi un uomo dedito ad un bene puro e superiore, libero da ogni interesse personale, ma finalizzato soltanto alla preservazione della vita del prossimo, anche a costo della sua, Root invece, anche a causa di quello che ha passato, vede nell’essere umano il problema principale dell’umanità, perché l’uomo brutto e cattivo per natura, non è altro che bad code, e per questo è determinata a trovare la Macchina, e renderla libera. Perché la creatura di Harold rappresenta, per l’hacker, una sorta di divinità che ha il potere di mettere ordine nel caos e nella vita stessa delle persone. Ma nonostante le differenze profonde, i due condividono lo stesso acume, la stessa mente visionaria, e la genialità, ma soprattutto loro due, ancor più del gruppo del governo, rappresentano il pericolo più grande per la Macchina.

 E pur se la vicenda che ha animato gli ultimi tre episodio della serie è giunta alla sua conclusione, e si preannuncia il ritorno a ritmi meno intensi, dove troverà maggior spazio il lato procedurale, sono state gettate le basi per un’evoluzione non solo interessante ma anche importante della storia, dove le varie trame portate avanti fino ad ora andranno ad intrecciarsi. E cosi, la mitologia di Person of Interest, con il gruppo governativo e Root che si alternano nei ruoli di preda e predatori, si espande ulteriormente, rendendo più complesse e articolate le vicende, e il personaggio di Root acquisisce ancor più rilevanza e spessore.

Come ancora più spessore, acquisisce l’amicizia tra John e Harold, che rappresenta uno dei punti evolutivi più intensi della serie: iniziato come una sorta di partnership lavorativa, il loro legame è diventano qualcosa di forte, e che tiene entrambi i personaggi ancorati alla vita, e in esso ritrovano uno scopo, e una via per la redenzione. E a consacrare il rapporto ci pensa la nuova aggiunta, Bear - il cane adottato da John e ora affidato ad Harold - non solo porterà inevitabilmente momenti di puro delirio, ma rappresenta un vero e proprio punto fermo per i due, perchè somiglia tanto alle fondamenta su cui poggia la nascita di una famiglia, cosa che a entrambi, fino a questo momento, è mancata.

Rimangono certo anche qualche stonatura e qualche cosa fuori posto, che in un episodio cosi intenso e ben congegnato spiccano ancora di più: come le scazzottate alla Bud Spencer, che oltre ad evidenziare una mancanza di maestria in queste situazioni, non aggiungono altro alla serie, perché oltre ad esser realizzate in modo scadente, nascono da pretesti forzati che le fanno sembrare messe il più delle volte solo per fare caciare, e trascinare la serie in acuti di trash evitabilissimi. E poi, sempre in relazione alla cura generale, fa storcere un po’ il naso il modo in cui John riesce a trovare la locazione finale di Harold e Root,  perché  va a un po’ a contraddire la caratterizzazione della stessa Root.

VERDETTO

Si, come ho appena detto ci sono alcune stonature, ma al netto di tutto è un ottimo episodio, tra i migliori della serie fino ad ora. Ottimo non solo nella realizzazione, che valorizza i vari personaggi, e fa uso di una narrazione composta e ineccepibile, dove Person of Interest dimostra ancora una volta di sapere dosare in modo perfetto i flashback e inserirli nei momenti più opporutni, questo episodio soprattutto espande la mitologia interna, e alza, non di poco, il tiro, grazie ad una storia estremamente affascinante che si dipana su più trame, e grazie al personaggio di Root che diventa ancor più profondo e complesso.
Questo episodio è una conferma al fatto che la serie è decisa a salire di livello in questa stagione.

voto 8,5

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