mercoledì 28 settembre 2016

Recensione: Person of Interest 1x18 - Identity Crisis



Episodio che serve a far tirare il fiato in vista del rush finale, ma riesce anche ad offrire spunti interessanti, e anche nuovi inizi. 

Il caso che riguarda un furto di identità è poco originale e anche molto prevedibile. La macchina sputa un number che apparentemente appartiene a due persone diverse, un uomo e una donna, e fin dall’inizio è chiaro che l’impostore è la donna. Quindi non c’è stata una particolare suspance e neppure una grande tensione, però, tutto quello che fa da contorno e da collante è molto buono e apprezzabile.

 Il nostro duo è sempre più affiatato, e nel finale ci offre una scena veramente meravigliosa, durata pochi secondi ma pregna di significato: John, non approfitta di Harold che strafatto lo invita a fare una chiacchierata, a fargli qualsiasi domanda.
Difficile dire se Harold lo abbia fatto volutamente per testare la lealtà e la correttezza di John o erano veramente le droghe parlare, ma è molto significativo il modo in cui saluta John: Goodnight Nathan. Rivede in  John non tanto l’amico che ha perso, ma la possibilità che abbia trovato dopo tanta solitudine un nuovo buon amico.

Ma mentre il rapporto tra i nostri due vigilanti disadatti sale di livello, il rapporto con la Carter sembra deteriorarsi. La detective infatti si rifiuta di rispondere alle chiamate di John, e sembra decisa a tagliare i ponti. E proprio nel mezzo di questa situazione precaria, ritorna l’agente Donnelly (apparso nel tredicesimo episodio per prendere in custodia l’uomo sospettato di aver ucciso un deputato) e chiede l’aiuto della Carter proprio per acciuffare The man in the suit. Donnelly sa che John è un ex agente della CIA, ed è convinto che sia diventato un mercenario che vende i propri servizi al miglior offerente, e in questo caso ad Elias. Ma, non vuole catturarlo solo perché è un criminale, mira anche a sconfessare la CIA, a far venire a galla il marcio dell’agenzia (le operazioni sul suolo statunitense, gli agenti corrotti, i doppi giochi...). La Carter per ora non tradisce John, ma questa è l’apertura di una nuova trama, molto interessante, che porta la caccia a The man in the suit su un altro livello, e le cose per John si fanno molto più complicate da ora in poi.

Fusco invece a piccoli passi continua il suo percorso di cambiamento, e pur mantenendo un profilo basso, per non attirare l’attenzione dei suoi “nuovi” amici dell’HR, riesce a far scagionare in un innocente, finito in carcere a causa della nostra ladra di identità. Il personaggio di Lionel mi sta piacendo molto, e lo preferisco nettamente a quello dell’altra detective. Nella sua imperfezione, nella sua goffaggine lo trovo molto più vero, e poi è sempre l’anima della festa. Anche se a proposito di feste, Harold ci ha dato dei momenti che definire esilaranti è riduttivo. Drogato dalla falsa Jordan Hester (la ladra di identità) si scatena in un susseguirsi, di movenze, frasi sconnesse e senza senso, che culminano in un delirante balletto di fronte al micro-onde pronto a scoppiare. Viene salvato dal provvidenziale arrivo proprio del nostro detective. Comunque Emerson, attore che ho molto rivalutato, dimostra di essere molto duttile, e di riuscire a dare le interpretazioni più disparate.

VERDETTO

Continua la striscia positiva. Un altro buon episodio, che seppur non ai livelli dei precedenti, offre tanti spunti interessanti, oltre ad intrattenere e divertire. Alle tante trame aperte si aggiunge questa nuova, del FBI che da la caccia a John a che coinvolge direttamente anche la Carter. Punto debole sicuramente la poca originalità del caso, e la grande prevedibilità, che lo priva di tensione e suspance, ma, come ho scritto viene sostenuto alla grande da un ottimo contorno, che tra l’altro ci aiuta a prendere ancora più intimità con i personaggi.

Voto 7

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