Episodio che serve a far
tirare il fiato in vista del rush finale, ma riesce anche ad offrire spunti
interessanti, e anche nuovi inizi.
Il caso che riguarda
un furto di identità è poco originale e anche molto prevedibile. La macchina
sputa un number che apparentemente appartiene
a due persone diverse, un uomo e una donna, e fin dall’inizio è chiaro che
l’impostore è la donna. Quindi non c’è stata una particolare suspance e neppure
una grande tensione, però, tutto quello che fa da contorno e da collante è
molto buono e apprezzabile.
Il nostro duo è sempre
più affiatato, e nel finale ci offre una scena veramente meravigliosa, durata
pochi secondi ma pregna di significato: John, non approfitta di Harold che
strafatto lo invita a fare una chiacchierata, a fargli qualsiasi domanda.
Difficile dire se Harold
lo abbia fatto volutamente per testare la lealtà e la correttezza di John o
erano veramente le droghe parlare, ma è molto significativo il modo in cui
saluta John: Goodnight Nathan. Rivede
in John non tanto l’amico che ha perso,
ma la possibilità che abbia trovato dopo tanta solitudine un nuovo buon amico.
Ma mentre il rapporto
tra i nostri due vigilanti disadatti sale di livello, il rapporto con la Carter
sembra deteriorarsi. La detective infatti si rifiuta di rispondere alle
chiamate di John, e sembra decisa a tagliare i ponti. E proprio nel mezzo di
questa situazione precaria, ritorna l’agente Donnelly (apparso nel tredicesimo
episodio per prendere in custodia l’uomo sospettato di aver ucciso un deputato)
e chiede l’aiuto della Carter proprio per acciuffare The man in the suit. Donnelly sa che John è un ex agente della CIA,
ed è convinto che sia diventato un mercenario che vende i propri servizi al
miglior offerente, e in questo caso ad Elias. Ma, non vuole catturarlo solo
perché è un criminale, mira anche a sconfessare la CIA, a far venire a galla il
marcio dell’agenzia (le operazioni sul suolo statunitense, gli agenti corrotti,
i doppi giochi...). La Carter per ora non tradisce John, ma questa è l’apertura
di una nuova trama, molto interessante, che porta la caccia a The man in the suit su un altro livello,
e le cose per John si fanno molto più complicate da ora in poi.
Fusco invece a piccoli
passi continua il suo percorso di cambiamento, e pur mantenendo un profilo
basso, per non attirare l’attenzione dei suoi “nuovi” amici dell’HR, riesce a
far scagionare in un innocente, finito in carcere a causa della nostra ladra di
identità. Il personaggio di Lionel mi sta piacendo molto, e lo preferisco
nettamente a quello dell’altra detective. Nella sua imperfezione, nella sua
goffaggine lo trovo molto più vero, e poi è sempre l’anima della festa. Anche
se a proposito di feste, Harold ci ha dato dei momenti che definire esilaranti
è riduttivo. Drogato dalla falsa Jordan Hester (la ladra di identità) si
scatena in un susseguirsi, di movenze, frasi sconnesse e senza senso, che
culminano in un delirante balletto di fronte al micro-onde pronto a scoppiare.
Viene salvato dal provvidenziale arrivo proprio del nostro detective. Comunque
Emerson, attore che ho molto rivalutato, dimostra di essere molto duttile, e di
riuscire a dare le interpretazioni più disparate.
VERDETTO
Continua la striscia
positiva. Un altro buon episodio, che seppur non ai livelli dei precedenti,
offre tanti spunti interessanti, oltre ad intrattenere e divertire. Alle tante
trame aperte si aggiunge questa nuova, del FBI che da la caccia a John a che
coinvolge direttamente anche la Carter. Punto debole sicuramente la poca
originalità del caso, e la grande prevedibilità, che lo priva di tensione e
suspance, ma, come ho scritto viene sostenuto alla grande da un ottimo
contorno, che tra l’altro ci aiuta a prendere ancora più intimità con i
personaggi.
Voto 7
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