Mi è piaciuta! Una buona prima stagione! Introduttiva, molto introduttiva, e per questo più volte è risultata un poco lenta, soprattutto agli inizi. Ma, si è presa i suoi tempi e ha gettato le basi non solo per una storia interessante, ma anche per la costruzione di un mondo interno, con una propria storia, con dei personaggi che lo popolano e delle regole che lo governano.

E mentre gettava le
basi, presentava i personaggi e metteva a moto le dinamiche, è riuscita a
proporre anche molti episodi interessanti e di qualità, su tutti spiccano: Witness: il punto di svolta, l'episodio
nel quale la serie mostra di avere delle ambizioni, e di voler andare oltre lo
schema procedurale e il classico episodio verticale. Flesh and Blood: potente come nessun altro, eccita e soddisfa e ci
regala un finale da brividi, poetico. Many
Happy Returns: nonostante alcune scelte narrative discutibili, è di una
grandissima intensità emotiva, e la costruzione veramente geniale ed elegante. No Good Deed: consacra il personaggio
di Harold, ci offre la migliore prestazione di Emerson, e rivela tutto il
potenziale che la storia ha. Firewall:
Il migliore della stagione! Costruito alla perfezione, caratterizzato da un
susseguirsi di colpi di scena che tengono incollati allo schermo, e si
concludono con l'introduzione del Moriarty
di Harold, lasciando con un cliffhanger da paura.
Ma soprattutto in
questa stagione la serie ha dimostrato di avere un progetto ambizioso. Un progetto
ambizioso e anche solido e pensato, dove ogni cosa viene fatta con cognizione
di causa, e anche le cose che a prima vista sembrano insignificanti e messe
tanto per riempire minuti, si rivelano indispensabili per la ricostruzione della
big picture. E proprio la cura dei
dettagli, in particolar modo di quelli che servono alla caratterizzazione dei
personaggi e degli eventi, è uno dei pregi della serie.
Un altro pregio è la
capacità che ha avuto di costruire un plot centrale, e tante altre sottotrame a
sorreggerlo, senza mai tradire la propria natura. Perché va sempre ricordato
che la serie nasce come procedurale, e mantenendo questo struttura (che oggi è
considerata dai più il male assoluto della serialità televisiva) è riuscita a
raccontare una storia composta e complessa, dando vita ad una continuità che ha
caratterizzato ogni episodio. Tutto comincia sempre dal number e attorno ad esso
si costruisce l’episodio, si dipanano le trame, evolvono i personaggio. E
proprio in questa struttura Person of Interest ha trovato non solo il tuo
tratto distintivo, ma anche la sua identità seriale, riuscendo a mixare
magistralmente e come poche altre serie(mi viene in mente solo The Good Wife) trama verticale e
orizzontale.
Ottima e promettente è
la brezza orwelliana che sembra avvolgere l’intera serie, e viste le
tematiche trattate, può trasformarsi da un episodio all’altro in un uragano. E
parlando delle atmosfere della serie, ben caratterizzata, senza stereotipi o
cliché, la paura post undici settembre
e del terrorismo in generale. Ed è proprio da questo, dalla minaccia
terroristica, che la serie trae la sua linfa vitale, e l’undici settembre ha fatto sia da miccia che da innesco all’intera
storia. È l’undici settembre ad aver cambiato drasticamente le vite dei nostri
personaggi, e dato vita alla Macchina, che a tutti gli effetti è il terzo
protagonista della serie, ed è sempre l’undici settembre che porta le vite di
Harold e John a incrociarsi.
Ecco, queste
sicuramente non sono tematiche molto originali, ancor meno lo sembrano per chi
come me inizia la serie a cinque anni dalla sua nascita, però nel modo in cui
sono state trattate ed utilizzate risalta la bravura e perché no anche
l’originalità di Nolan, che è riuscito a creare una storia senza cadere nella
retorica spicciola e nella banalità.
Buona parte del merito
della riuscita di questa stagione poi va anche ai personaggi, protagonisti,
co-protagonisti e antagonisti. Su tutti, senza ombra di dubbio, domina Harold Finch: scritto e caratterizzato
alla perfezione, complesso, ben approfondito ma allo stesso tempo rimane ancora
avvolto nei suoi misteri, e come il miele per le api, attira lo spettatore,
generando un grande interesse per la sua storia. E Michael Emerson nel dargli
vita ha fatto un grandissimo lavoro, offrendo alcune prestazioni veramente
eccezionali, e proprio vedendolo all’opera in questa serie l’ho molto
rivalutato, perché fino ad ora, associandolo unicamente al volto di Ben Linus,
lo consideravo proprio come Lost:
molto sopravvalutato. Un buon lavoro, soprattutto negli ultimi episodi della
stagione, è stato fatto anche con il personaggio del detective Lionel Fusco,
che partito come macchietta – anche nella caratterizzazione era lo stereotipo
del classico poliziotto americano poco brillante – ha acquisito spessore e
drammaticità, diventando un pezzo importante della scacchiera.
Ma nei personaggi principali sono da ritrovare
anche alcuni dei difetti e dei limiti della serie: partendo proprio da John Reese l’altro protagonista. Che
non fraintendetemi, a me piace, è pure simpatico, e il suo lavoro lo fa e tra
alti e bassi ha retto, per ora. E per quanto monolitico, apprezzo pure Jim
Caviezel che lo interpreta, però sul lungo periodo rischia di crearsi un
divario enorme tra i due protagonisti: John dopo 23puntate è stato quasi
sviscerato del tutto, e quello che non è stato detto lo si può facilmente
intuire, e questo stona, e non poco, con la complessità di Harold. Come stona
la sua costruzione datata, fatta spesso di stereotipi e cliché, che lo fanno
sembrare il solito Terminator indistruttibile bi-dimensione, e impossibile da
prendere sul serio. Ma, le possibilità di migliorare ci sono, anzi, lo abbiamo
già visto che se sfruttato come nel season finale o nel ventunesimo episodio,
quello a lui dedicato, il personaggio acquisisce spessore su tutti i fronti.
Ecco, serve che vengano bilanciate meglio le due anime che caratterizzano John:
l’uomo e il Terminator. E spero anche che con la prossima stagione diventi più
determinate e fondamentale, nel senso che: Person of Interest senza Harold non
lo si può concepire, senza John, per come spesso viene mostrato, può andare
avanti tranquillamente, un eroe indistruttibile che picchia senza sosta vale
l’altro. Il nostro buon John, deve trovare una propria identità, e distaccarsi
dallo stereotipo del solito eroe. Ma nutro grande fiducia! Per come si sono
messe le cose alla conclusione della prima stagione è fattibilissimo!
Un discorso analogo si
può fare per la detective Carter:
anche il suo è un personaggio nato già vecchio, e per quanto l’attrice (Taraji
P. Henson) sia brava nell’interpretarla, rimane anonima, e di cliché spesso
vive e parla. E la vedo anche mal amalgamata nel gruppo, o meglio, non ha
ancora un posto suo: ora è sovrapposta alla figura di John, ora a quella di
Finch, spero che nella prossima stagione riesca a trovare la sua quadratura.
Poi personalmente, i personaggi saccenti, pronti a fare la morale a tutti
quanti, col piglio da vecchia maestrina zitella e inacidita, con l’intima
convinzione di essere moralmente superiore a tutti quanti, non tanto mi
piacciono. Ecco, forse il suo personaggio è quello che meno mi piace nella
serie.

Su cosa si deve
lavorare e pure tanto è la costruzione delle scene di lotta e di sparatorie.
Sono realizzate con superficialità, e tra proiettili che appaiono dal nulla per
conficcarsi nel punto giusto, giubbotti anti proiettili che alla volte funziona
alle volte no, risse uno vs centomila, corpo a corpo con gli stunt che sembrano
di plastica, rasentano il ridicolo e risultano surreali, e non nel senso buono
del termine. E visto che la serie sfrutta tanto queste situazione, al punto da
renderle un tratto caratteristico, spero che nella prossima stagione vengano
realizzate con più cura, perché la giustificazione “sono scene fumettistiche”
non è accettabile, perché non sono fumettistiche o fumettose, sono fatte male!
Serve un lavoro di controfigure migliore, e soprattutto meno esagerazioni,
perché quando le risorse su questo fronte sono limitate, più le scene vengono
mantenute pulite e semplici più riescono, se si cerca di strafare invece si
scade nel trash, e la serie nel corso di questa stagione ci è scaduta più
volte.
VERDETTO
All’inizio sembra solo
una serie piacevole da guardare, ma di episodio in episodio cresce e parecchio,
acquisendo spessore e importanza. La storia è intrigante, complessa al punto
giusto ma mai pesante, e questo grazie anche alla capacità che ha di mixare
perfettamente humor e drama. Con il tempo acquisisce anche intensità, regalando
episodi che incollano letteralmente allo schermo caratterizzati da ottimi plot
twist. Ottimi i personaggi, ma su tutti, buoni e cattivi, spicca Harold, che insieme
alla Macchina sono il cuore e anche la spina dorsale della serie, è
rappresentano una fonte pressoché inesauribile di spunti e idee. Rimangono
della sbavature, forzature da limare, situazioni e personaggi da far quadrare, ma nel complesso funziona tutto e pure bene.
Alla fine ha mantenuto
le promesse! Dal settimo episodio in poi è stato un crescendo, non intenso, ma
costante, e personalmente non mi aspettavo (e non credevo) salisse cosi tanto
di livello quando ho iniziato il recupero.
Stagione e serie
promesse! Felice di averla cominciata!
Voto 7,5
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