sabato 1 ottobre 2016

Recensione: Person of Interest 1x21 - Many Happy Returns



When you find that one person who connects you to the world, you become someone different. Someone better. When that person is taken from you, what do you become then?

Una vera e propria perla! Con una costruzione non solo originale ma anche elegante, va a chiudere in modo poetico il cerchio di John. Peccato per alcune scelte narrative discutibili, senza le quali, si potrebbe esclamare capolavoro assoluto!

Non per caso tutto avviene nel giorno del compleanno di John. Questo è stato il suo episodio! E sia il personaggio che l’attore hanno risposto presente, dando il meglio.  Questo è stato possibile perché non c’era il supereroe invincibile, ma l’uomo. L’uomo spezzato e arrivato ad un passo dalla fine, caratterizzato da tante fragilità, dai rimorsi, dalle incertezze.
Cominciano ad arrivare le risposte alle domande sul suo passato. Risposte che hanno fatto un lungo giro, attraversando una grande tragedia, e si sono rivelate parte di un cerchio drammatico, ma poetico e perfetto iniziato ancor prima del suo  viaggio in metropolitana. E ora, le parole dette da Harold nel primo episodio “I’ve been watching you for a long tmie, John” acquistano un altro senso, e un altro sapore dal retrogusto malinconico.

Come è caratteristica della serie, viene utilizzato un caso analogo alla storia che viene raccontata nei flashback – il marito ossessionato, malato, che è pronto ad uccidere la moglie, ma non lasciarla andare via – che si incastra perfettamente, facendoci scoprire cosa è successo a Jessica, la donna che John amava. Anche lei è stata vittima del marito, che in preda a un raptus di rabbia l’ha uccisa. E per questo John è divorato dal rimorso, per questo lo vediamo ridotto uno straccio sulla metropolitana (nel primo episodio). Lui ha lasciato Jessica perché convinto meritasse di meglio, meritasse qualcuno più presente, ma questo qualcuno l’ha uccisa.
E magistrale è stato il modo in cui è stata ricostruita l’intera storia, tramite tre punti di vista diversi: quello di John, quello di Harold e quello di Carter, e il tutto è stato armonizzato alla perfezione, dai meravigliosi flashback.

Ma dicevo è stata la chiusura perfetta del cerchio, proprio perché la storia di John si intreccia a quella di Harold in un cerchio perfetto, iniziato ancor prima degli avvenimenti del pilot, ma, che dopo un percorso, per nulla semplice, li riporta al punto di partenza, e ancora più legati.
Harold, comincia a “osservare” John proprio nel momento in cui sopravvissuto alla trappola della CIA in Cina, ritorna in America per ritrovare Jessica (non sapendo però che era sta uccisa). E Harold, si ritrova nello stesso luogo New Rochelle - nel quale nel presente si ritroverà pure Carter – proprio perché stava indagando sul numero di Jessica.
E nei flashback, vediamo John, scontrarsi accidentalmente con l'allora sconosciuto Harold. Una scena di pochi secondi, ma dalla grande potenza espressiva, e anche visiva, perché da quel momento in poi, gli ultimi minuti dell’episodio, sono un alternarsi di passato e presente, sorretti da una magnifica e quanto mai azzeccata colonna sonora, di grande impatto emotivo, che si concludono con John e Harold seduti sulla stessa panchina del primo episodio.

E al termine di questo episodio, trova risposta anche la domanda che ha aperto l’intera serie: When you find that one person who connects you to the world, you become someone different. Someone better. When that person is taken from you, what do you become then?
e la risposta sta nel rapporto che si è instaurato tra John e Harold. John, sarebbe diventato una persona peggiore, o peggio, forse non ci sarebbe più, senza Harold. L’amicizia di Harold, e lo scopo che gli ha dato, lo hanno salvato da se stesso e dai fantasmi che lo perseguitavano.

Ma, dopo tante belle parole, arriva il momento anche di qualche critica...perché nella scrittura magistrale, che ha saputo fare ordine, con grande eleganza, sul passato e sul personaggio di John, stona, la scelta narrativa di lasciare aperto e in dubbio il destino di Peter, l’assassino di Jessica.
Infatti, arrivati alla conclusione dell’episodio, soprattutto dopo i dialoghi tra la Carter e John, è impossibile dire con certezza se Peter sia stato ucciso da John, o sia stato spedito sempre da John in un carcere Messicano, come ha fatto con Jennings (il marito che voleva uccidere la moglie nel caso).
Questa ambiguità è sta una scelta narrativa sbagliata in questo contesto. Per caratterizzare al meglio John, per risaltarne la drammaticità e mostrare il suo cambiamento iniziato dopo aver conosciuto Harold, Peter doveva essere morto senza se e senza ma. Era necessario un tratteggio netto.

VERDETTO

Un ottimo episodio che sarebbe potuto essere un masterpieces. Forte emotivamente, ha reso impossibile non empatizzare per John. John, che è stato protagonista assoluto, mostrando un volto inusuale, ma molto gradito, molto più profondo e complesso dell’eroe indistruttibile che siamo abituati a vedere. E vanno fatti i complimenti anche a Jim Caviezel che ha dato una prestazione più che ottima, perfetta. E ottima è stata anche l’idea di raccontare la storia utilizzando i punti di vista dei personaggi, coadiuvando e armonizzando il tutto con i meravigliosi e intensi flashback. La cosa che proprio non mi va già, è la scelta narrativa che lascia nell’ambiguità il destino di Peter. Peccato! Rimane senza dubbio uno degli episodi migliori, ma, sarebbe potuto essere il migliore!

Voto 8

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