lunedì 17 ottobre 2016

Westworld 1x02 Chestnut - La Recensione



Questo secondo episodio è più bello e più coinvolgente del pilot, non perché sia fatto meglio, ma perché, dopo aver fatto le necessarie introduzioni, la serie può essere più scorrevole, e può trasportarci nel vivo del parco e nel cuore della storia, un po’ come se fossimo nei panni di William, e stessimo scendendo dal treno appena giunto a Westworld per vivere un avventura molto simile alla sua.

E per questo Hopkins, con tutta la bravura e il magnetismo che gli appartengono, tira fuori questa perla meta-televisiva

“The guests don't return for the obvious things we do, the garish things. They come back for the subtleties, the details. They come back because they discover something they imagine no one noticed before. Something they fall in love whit. They are not looking for a story that tells them who they are. The already know who they are. They are here because they want a glimpse of who they could be.”

per rivolgersi non ai membri del suo staff, ma agli spettatori che sono a tutti gli effetti i visitatori del parco: perché è vero, sono i particolari che ci permettono di conferire un significato unico per ognuno di noi a quello che guardiamo. Sono i dettagli a farci innamorare di quello che guardiamo e fanno nascere quel legame che va oltre "l'oggi ho visto" permettendoci di immergerci completamente nella storia, per viverla quasi in prima persona. E' la cura per i dettagli a fare la differenza. Lo sa il dottor Ford, lo sa Nolan, lo sanno in HBO.

Ma l'intero episodio, o meglio tutte le scene con il dottor Ford sono meta-televisione: Il dialogo con Bernard, che oltre alla bellezza quasi poetica, rivela la complessità del loro mondo e del loro lavoro. Il dialogo con il bambino "Everything in this world is magic except to the magician" rivela che Westworld è una fonte di idee e sviluppi pressoché inesauribile.

Ma Chestnut non è solo meta-televisione, è anche un ottimo approfondimento della storia e dei personaggi. Nel pilot ci è stato mostrato Westworld con gli occhi dei robot che lo popolano e con quello dei team addetti alla programmazione e al controllo, in questo episodio si aggiunge il punto di dei visitatori: fanno il loro ingresso nel parco Logan (Ben Barnes) e William (Jimmi Simpson) amici ma completamente diversi, e che in modo completamente diverso vedono, pensano e vivono Westworl. Mentre Logan ha come unico scopo quello di divertirsi e godersi a pieno le attrazioni che il parco offre, William invece è riluttante nei confronti di questo mondo dove non ci sono regole e tutto è concesso, e nelle attrazioni vede chiaramente qualcosa di più di un robot che ha come unico scopo quello di soddisfare i suoi desideri. Si cominciano ad approfondire le tematiche importanti e complesse che il pilot ci aveva fatto pregustare: i modi diversi in cui le persone vedono questi robot estremamente umanizzati, e soprattutto i modi diversi in cui i visitatori si rivedono nel parco.

E parallelamente viene portata avanti l’altro temo portante della serie: l’umanizzazione degli androni. E se il primo passo che porta alla presa di coscienza è la capacità di ricordare, il secondo è la capacità di provare emozioni, e in in particolare paura e dolore. Perché negli occhi e sul volto di Maeve – quando viene portata fuori dal parco per essere “aggiustata” – sono chiaramente dipinti la paura e il dolore. E non è un caso che nello stesso episodio, il misterioso Cowboy Nero interpretato da Ed Harris, dice ad un androide che sta torturando esattamente: “Significa che non sei mai più reale di quando soffri”  . Ed ecco che la serie comincia a filosofeggiare, provocare, mettendo in dubbio la natura stessa  delle emozioni e dei sentimenti, ed ecco che Westworld – con mio grande piacere – comincia ad addentrarsi nelle profondità complesse della metafisica.

La serie come il parco è variegata, con una narrativa stratificata e che si muove parallelamente su più strade, e una di queste strada è percorsa dal Cowboy vestito di nero, ed è quella più misteriosa,la più difficile – se non impossibile per ora – da inquadrare. Il personaggio, interpretato da Ed Harris si conferma il pezzo da incastrare, il rompicapo da risolvere. Non solo i suoi piani sono al momento completamente indecifrabile, ma lui stesso è avvolto completamente dal mistero: è impossibile dire anche se sia umano o un androide che è riuscito a passare al secondo livello del gioco. Ma tutto questo non fa altro che rendere ancora più attraente, complessa e completa la serie, e generare quell’hype, quell’ansia impellente di vedere il prima possibile il prossimo episodio.

VERDETTO

Il pilot ha mostrato la grande qualità e lo spessore di questa serie, questo secondo episodio è una risoluta conferma.

voto 9,5

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