Questo secondo
episodio è più bello e più coinvolgente del pilot, non perché sia fatto meglio,
ma perché, dopo aver fatto le necessarie introduzioni, la serie può essere più
scorrevole, e può trasportarci nel vivo del parco e nel cuore della storia, un
po’ come se fossimo nei panni di William, e stessimo scendendo dal treno appena
giunto a Westworld per vivere un avventura molto simile alla sua.
E per questo Hopkins, con tutta la bravura e il magnetismo che gli
appartengono, tira fuori questa perla meta-televisiva
“The guests don't return for the obvious things we do, the garish things. They come back for the subtleties, the details. They come back because they discover something they imagine no one noticed before. Something they fall in love whit. They are not looking for a story that tells them who they are. The already know who they are. They are here because they want a glimpse of who they could be.”
per rivolgersi non ai membri del suo
staff, ma agli spettatori che sono a tutti gli effetti i visitatori del parco:
perché è vero, sono i particolari che ci permettono di conferire un significato
unico per ognuno di noi a quello che guardiamo. Sono i dettagli a farci
innamorare di quello che guardiamo e fanno nascere quel legame che va oltre
"l'oggi ho visto" permettendoci di immergerci completamente nella
storia, per viverla quasi in prima persona. E' la cura per i dettagli a fare la differenza. Lo sa il dottor
Ford, lo sa Nolan, lo sanno in HBO.
Ma l'intero episodio, o meglio tutte le scene con il dottor Ford sono meta-televisione: Il dialogo con Bernard, che oltre alla bellezza quasi poetica, rivela la complessità del loro mondo e del loro lavoro. Il dialogo con il bambino "Everything in this world is magic except to the magician" rivela che Westworld è una fonte di idee e sviluppi pressoché inesauribile.

E parallelamente viene
portata avanti l’altro temo portante della serie: l’umanizzazione degli
androni. E se il primo passo che porta alla presa di coscienza è la capacità di
ricordare, il secondo è la capacità di provare emozioni, e in in particolare
paura e dolore. Perché negli occhi e sul volto di Maeve – quando viene portata
fuori dal parco per essere “aggiustata” – sono chiaramente dipinti la paura e
il dolore. E non è un caso che nello stesso episodio, il misterioso Cowboy Nero
interpretato da Ed Harris, dice ad un
androide che sta torturando esattamente: “Significa
che non sei mai più reale di quando soffri” . Ed ecco che la serie comincia a
filosofeggiare, provocare, mettendo in dubbio la natura stessa delle emozioni e dei sentimenti, ed ecco che
Westworld – con mio grande piacere – comincia ad addentrarsi nelle profondità
complesse della metafisica.

VERDETTO
Il pilot ha mostrato
la grande qualità e lo spessore di questa serie, questo secondo episodio è una
risoluta conferma.
voto 9,5
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